IL MEDICO VETERINARIO È UN PROFESSIONISTA, UN PROFESSIONISTA GENEROSO … MA NON È, E NON PUÒ ESSERE UN MISSIONARIO!
Circa venticinque anni addietro scelsi la mia professione, quella che ancora oggi esercito con orgoglio e passione e che mi onoro di rappresentare a livello provinciale, animata dalla volontà di fare il bene dei più deboli, degli indifesi, di quelli che non articolano parole, ma comunque si esprimono a loro modo, che soffrono come e più di noi … i nostri animali.
Diciamocelo chiaramente, la nostra professione è la cugina povera della medicina umana, per la quale non vengono investite adeguate risorse dallo Stato ma sulla quale, di converso, direttamente o indirettamente impattano molteplici normative dello stesso ed, a cascata, delle Regioni e dei Comuni, promulgate in virtù della pulsione “politica” di questa o quella associazione animalista, senza che poi vengano create realmente le condizioni perché tali leggi, pensate per garantire il corretto rapporto tra uomo, animale ed ambiente, trovino concreta applicazione nei territori.
Ne discende uno scontro permanente tra il sentire comune, manifestato costantemente dai cittadini comunitari, che hanno reiteratamente espresso la volontà di tutelare il benessere delle popolazioni animali, e la cronica carenza di specifici finanziamenti all’uopo destinati dalla finanza pubblica.
Quale atto di civiltà si sono abbandonati, fortunatamente, gli abbattimenti di massa con i quali si intendeva controllare il randagismo, ma si è parallelamente assistito ad un moltiplicarsi di cani e gatti, la cui gestione dovrebbe ricadere sui Comuni che, sempre più alle prese con bilanci disastrati, non stipulano convenzioni con strutture veterinarie o, peggio, non onorano i pagamenti concordati, e sulle AA.SS.PP. che, in funzione dei continui tagli alla Sanità, si trovano nella necessità di scegliere se reclutare ginecologi e anestesisti (lungi dal voler togliere importanza a queste figure), per garantire lo stato di salute della popolazione, o medici veterinari da destinarsi a campagne di sterilizzazione.
Alla fine, non sussistendo una “mutua” per gli animali, la loro immediata tutela ricade per lo più su meritevoli volontari che dedicano, ogni giorno, parte della loro vita ad assistere “gli animali di nessuno” e sui professionisti, che di tale tutela sono i garanti, per gli aspetti sanitari.
Quindi nelle città, tra il sentire della popolazione, da un lato, e lo stato di benessere degli animali, dall’altro, come tra incudine e martello, si trovano i medici veterinari, pubblici o privati titolari di cliniche o ambulatori.
È vero, questi ultimi scelgono una professione che non può prescindere da una innata propensione verso le diverse specie animali, siano esse da reddito o da compagnia, ma … c’è un ma.
Il medico veterinario è un professionista che, come gli altri professionisti, medici, avvocati, ingegneri e quant’altro, affronta e supera un complesso iter universitario che lo conduce alla laurea, alla quale segue l’abilitazione e, quindi il dovuto rispetto delle normative vigenti, delle buone pratiche cliniche e del codice deontologico, nel quale ultimo vengono riportate “paroline” come dignità e decoro della professione. Paroline, queste, sempre più dimenticate da taluni che, ritenendosi depositari della verità e guidati dal sacro fuoco della “loro” giustizia, pensano di potere vestire i panni di carnefici “mediatici” sulla scorta di personali quanto erronei convincimenti, spingendosi financo a minacce fisiche.
Questa lunga premessa perchè, presso l’Ordine,continuano a pervenire segnalazioni di colleghi divenuti oggetto di intollerabili insulti e minacce, che vanno a detrimento non solo della loro immagine, ma anche dell’intera professione, vittima consapevole di ingiustificati quanto fallaci attacchi, frutto di perverse errate deduzioni, amplificate a dismisura dalla fame mediatica incontrollata dei social.
Lo scopo di questa lettera è quella di informare e rendere partecipi le persone ragionevoli, la maggior parte dei cittadini, che pur amando gli animali, sono in grado di discernere le “cose” giuste da quelle sbagliate, che non insultano, che, se del caso, denunciano … denunciano alle Forze di polizia … denunciano all’Ordine dei Medici Veterinari per gli aspetti disciplinari … ma che riflettono e agiscono in funzione delle” cose” ragionevolmente “giuste”.
Non può ritenersi “giusto” che un medico veterinario che opera presso una clinica o un ambulatorio, presti attività di primo o pronto soccorso ad animali incidentati, siano questi randagi o di proprietà, in orario di chiusura della propria strutture, in assenza della disponibilità di un’ambulanza appositamente attrezzata (come previsto dalla vigente normativa), e senza la garanzia di un dovuto necessario corrispettivo economico.
Ancora non può ritenersi “giusto” che un medico veterinario che opera in ossequio a chiare disposizioni fornite dal proprio datore di lavoro in una struttura pubblica, ma presso la quale esercita come privato libero professionista, venga minacciato fisicamente oltre a divenire oggetto di persecuzione mediatica da parte di alcuni scellerati … certamente una sparuta e poco rappresentativa minoranza della popolazione.
Pretendere che un medico veterinario si comporti come un missionario non è eticamente ragionevole, seppure questa idea, purtroppo, rispecchi una percezione comune, in quanto corrisponderebbe a spingerlo ad operare in difformità dalle normative vigenti, dalle buone pratiche veterinarie e certamente non nell’interesse dell’animale.
Sovente si osserva come il prototipo del cittadino che conduce un randagio o una cucciolata di trovatelli dal medico veterinario, ritenga, in tal modo, di mettersi in pace con la propria coscienza, ritenendo di avere fatto la cosa “giusta”.
Tuttavia, pur apprezzando la buona volontà di fondo, forse dovrebbe rendersi consapevole che questi eventi, sporadici per il singolo cittadino, diventano routine per il medico veterinario che, se dovesse farsi carico di tutte le cucciolate che vengono abbandonate davanti alla propria saracinesca e/o dovesse intervenire gratuitamente su tutti gli animali randagi o supposti tali, finirebbe per abbandonare la professione sulla quale ha investito risorse ed impegno, non potendo sostentare la propria famiglia, mantenere l’attività e condurre una vita dignitosa.
Ogni “cosa” deve avere una misura per essere sostenibile.
Tutti i medici veterinari titolari/esercenti in strutture sanitarie, in linea con la loro naturale propensione, possiedono un cane e/o un gatto recuperato per strada e si adoperano per fare adottare cuccioli, ma non si può pretendere che i risvolti socio-economici di una problematica provinciale come quella del randagismo, ricadano su una categoria, a fronte delle inefficienze della P.A., nelle sue diverse componenti, istituzionalmente preposte a fronteggiarla.
Concludo questa mia, nella speranza di avere innescato in quella sparuta minoranza di cittadini artefici di ingiustificati ed ingiustificabili attacchi portati alla professione medico veterinaria, il tarlo del dubbio.
Il dubbio di avere fatto la “cosa” sbagliata insultando e minacciando ingiustamente esponenti della professione medico-veterinaria, auspicando che, in futuro, possano dirottare le proprie energie, più correttamente e proficuamente, nel collaborare a garantire, legittimamente, assistenza ad animali bisognosi, denominatore, quest’ultimo, comune agli animalisti ed ai medici-veterinari, presupposto dal quale ripartire per seguire un circuito virtuoso il quale, nel rispetto dei propri ruoli, sinergicamente sia di ausilio anche alle Istituzioni, per porre in essere le azioni necessarie a tutela degli animali, partecipando attivamente in ossequio ai delicati equilibri intercorrenti tra uomo, animale ed ambiente.
Manifesto pubblicamente stima, apprezzamento e solidarietà ai colleghi destinatari di manifestazioni ingiustamente offensive ed ingiuriose, colpevoli solo di avere adempiuto ai propri obblighi deontologici e professionali.
Iole De Luca (Presidente Ordine dei Medici Veterinari della Provincia di Messina)